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Avv. Paola Corte

Diritto Alimentare: Etichettatura ingannevole ed elenco degli ingredienti- La sentenza della Corte d



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L'elenco degli ingredienti corretto da solo non è sufficiente per eliminare il rischio di indurre in errore l'acquirente di un prodotto alimentare tramite l'etichettatura. La normativa comunitaria in materia di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotto alimentari (La direttiva 2000/13, poi seguita dal Reg. UE 1169/2011) osta "a che l’etichettatura di un prodotto alimentare e le relativa modalità di realizzazione possano suggerire, tramite l’aspetto, la descrizione o la rappresentazione grafica di un determinato ingrediente, la presenza di quest’ultimo in un prodotto, quando invece, in effetti, detto ingrediente è assente, e tale assenza emerge unicamente dall’elenco degli ingredienti riportato sulla confezione di detto prodotto".

La Nona Sezione della Corte di Giustizia della si è pronunciata in questo senso, il 4 giugno 2015, sulla domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte dal Bundesgerichtshof (Germania).

Nel dettaglio:

La domanda di pronuncia pregiudiziale verteva sull’interpretazione della direttiva 2000/13/CE, concernente l’etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Il quesito era il seguente: Se sia consentito che l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari nonché la relativa pubblicità suggeriscano, tramite l’aspetto, la descrizione o le illustrazioni, la presenza di un particolare ingrediente, quando invece, in effetti, tale ingrediente non è presente e ciò si evince unicamente dall’elenco degli ingredienti.


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Nella pratica, la questione era relativa alla commercializzazione di un infuso ai frutti recante la denominazione «Felix Himbeer-Vanille Abenteuer» («Felix avventura lampone-vaniglia») (in prosieguo: l’«infuso ai frutti»). La confezione di tale infuso è costituita da una scatola di cartone pieghevole, contenente 20 bustine di infuso. Tale confezione riuniva un certo numero di elementi con dimensioni, colori e caratteri tipografici diversi, in particolare immagini di lamponi e di fiori di vaniglia, le menzioni «infuso ai frutti con aromi naturali» e «infuso ai frutti con aromi naturali – gusto lampone-vaniglia», ed un sigillo grafico contenente, all’interno di un cerchio dorato, la menzione «solo ingredienti naturali».

L’elenco degli ingredienti che compariva lateralmente riportava i seguenti ingredienti: «Ibisco, mela, foglie di mora dolce, scorza d’arancia, rosa canina, aroma naturale al gusto di vaniglia, scorza di limone, aroma naturale al gusto di lampone, more, fragole, mirtilli, bacche di sambuco». Nel prodotto quindi non erano contenuti nè vaniglia, nè lamponi.

Le due tesi:

1. E' INGANNEVOLE:

Da un lato, si è sostenuto che gli elementi della confezione dell’infuso ai frutti fossero tali da indurre in errore il consumatore rispetto alla composizione di tale infuso. Infatti, a causa di tali elementi, il consumatore si aspetterebbe che detto infuso contenesse tra gli ingredienti vaniglia e lampone o, per lo meno, aromi naturali di vaniglia e di lampone. La ripetuta raffigurazione di immagini di lamponi e di fiori di vaniglia sulla confezione dell’infuso ai frutti, che attira lo sguardo, al pari della menzione «con aromi naturali», nonché il sigillo grafico contenente la menzione «solo ingredienti naturali», suggerivano che il gusto di tale infuso fosse determinato in particolare da aromi ottenuti a partire da lamponi e da fiori di vaniglia. La presentazione di detto infuso sarebbe quindi stata recepita, anche nel caso di un consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, in maniera tale da creare una falsa impressione per quanto riguarda la sua composizione. Inoltre, la presentazione dell’infuso ai frutti sarebbe stata idonea a dissuadere il consumatore dal prendere conoscenza dell’elenco degli ingredienti riportato sulla confezione in caratteri più piccoli, che rifletteva la realtà.

2. NON E' INGANNEVOLE:

Dall'altro lato, invece, si è sostenuto che dall’elenco degli ingredienti dell’infuso ai frutti riprodotto sulla sua confezione risultasse che gli aromi naturali utilizzati fossero al gusto di lampone o di vaniglia. Tale elenco indicava quindi senza ambiguità che gli aromi utilizzati non erano ottenuti a partire da vaniglia e da lampone, ma che ne avevano soltanto il gusto. Di fatto, secondo la seconda versione, l’esistenza di un’informazione esatta e completa risultante dall’elenco degli ingredienti che figura sulla confezione sarebbe sufficiente a escludere il rischio che il consumatore sia tratto in inganno.

La pronuncia della Corte di Giustizia:

"Ai fini della valutazione dell’idoneità di un’etichettatura a indurre in errore l’acquirente, il giudice nazionale deve basarsi essenzialmente sull’aspettativa presunta, in riferimento a detta etichettatura, di un consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto circa l’origine, la provenienza e la qualità del prodotto alimentare, essendo essenziale che il consumatore non sia indotto in errore e portato a considerare, erroneamente, che il prodotto abbia un’origine, una provenienza o una qualità diverse da quelle che ha realmente.

A tale proposito, come emerge dalla giurisprudenza della Corte, è stato riconosciuto che i consumatori che decidono l’acquisto di un prodotto in particolare in base alla relativa composizione leggono prima l’elenco degli ingredienti obbligatoriamente menzionati a norma dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2000/13. (...)

Tuttavia, la circostanza che l’elenco degli ingredienti sia riportato sulla confezione del prodotto di cui trattasi nel procedimento principale non consente da sola di escludere che l’etichettatura di tale prodotto e le relative modalità di realizzazione possano essere tali da indurre in errore l’acquirente. (...)

Infatti l’etichettatura, come definita all’articolo 1, paragrafo 3, lettera a), di tale direttiva, è composta da menzioni, indicazioni, marchi di fabbrica o di commercio, immagini o simboli riferentisi a un prodotto alimentare e figuranti sull’imballaggio di tale prodotto. Tra questi diversi elementi alcuni possono in pratica essere mendaci, errati, ambigui, contraddittori o incomprensibili. (...)

Orbene, se ciò si verifica, in talune situazioni l’elenco degli ingredienti, pur essendo esatto ed esaustivo, può essere inadeguato a correggere in maniera sufficiente l’impressione errata o equivoca del consumatore relativa alle caratteristiche di un prodotto alimentare risultante dagli altri elementi che compongono l’etichettatura di tale prodotto. (...)

Pertanto, nella situazione in cui l’etichettatura di un prodotto alimentare e le relative modalità di realizzazione, considerate nel loro insieme, suggeriscono che tale prodotto contiene un ingrediente che in realtà è assente, la suddetta etichettatura è tale da indurre in errore l’acquirente sulle caratteristiche del prodotto in questione. (...)

Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla questione posta dichiarando che gli articoli 2, paragrafo 1, lettera a), sub i), e 3, paragrafo 1, punto 2, della direttiva 2000/13 devono essere interpretati nel senso che ostano a che l’etichettatura di un prodotto alimentare e le relativa modalità di realizzazione possano suggerire, tramite l’aspetto, la descrizione o la rappresentazione grafica di un determinato ingrediente, la presenza di quest’ultimo in tale prodotto, quando invece, in effetti, detto ingrediente è assente, e tale assenza emerge unicamente dall’elenco degli ingredienti riportato sulla confezione di detto prodotto."

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