Sorbetto allo Champagne - la sentenza della Corte di Giustizia in tema di DOP nella denominazione de
La Corte di Giustizia è intervenuta in tema di sfruttamento di denominazioni d'origine protette (DOP) nella denominazione di vendita di prodotti alimentari composti. Aldi, il colosso dei supermercati discount, poneva in vendita un sorbetto denominato “Champagner Sorbet”, contenente il 12% di Champagne. L’uso dell’espressione “Champagne” (che è una DOP) nella denominazione di vendita del sorbetto, ad avviso del Comité Interprofessionnel du Vin de Champagne (CIVC), era illegittimo. Ne è nata una causa in Germania in cui in primo grado, la CIVC è riuscita ad ottenere l’inibitoria dell’uso del nome “Champagne”. Tale decisione è stata ribaltata in appello, e la Corte di Cassazione Tedesca ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia.
La questione principale che la sentenza ha affrontato è se, quando in un prodotto alimentare venga impiegato un ingrediente DOP/IGP, indicarne la presenza nella denominazione di vendita debba essere considerata una pratica illegittima o meno.
La Corte di Giustizia ha innanzitutto escluso che l’impiego di una DOP nella denominazione di un alimento composto (che la contenga quale ingrediente) sia automaticamente da considerarsi illegittimo. Lo sfruttamento illecito della notorietà di una DOP presuppone un utilizzo di tale DOP volto a sfruttare indebitamente la notorietà di quest’ultima. Per valutare dunque se l’uso di una DOP nella denominazione di vendita pregiudichi la tutela che è attribuita alla DOP, la Corte di Giustizia ha spiegato, nella sentenza, che debba essere il giudice nazionale a valutare caso per caso.
Nella Sua decisione, la Corte di Giustizia ha ritenuto che la protezione attribuita alle varie denominazioni di origine protette debba essere interpretata con coerenza. Ha dunque richiamato il considerando 32 del Reg. UE 1151/2012, che a sua volta richiama, per il caso in cui le denominazioni di origine protette o le indicazioni geografiche protette siano utilizzate come ingredienti, la comunicazione della Commissione intitolata «Orientamenti sull'etichettatura dei prodotti alimentari ottenuti da ingredienti a denominazione di origine protetta (DOP) e a indicazione geografica protetta (IGP)».
In tale documento, la Commissione ritiene che una denominazione registrata come DOP o IGP possa essere menzionata all’interno, o in prossimità, della denominazione di vendita di un prodotto alimentare che incorpora prodotti che beneficiano della denominazione registrata, come pure nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità del prodotto alimentare di cui trattasi, se siano soddisfatte 3 condizioni:
a) il suddetto prodotto alimentare non dovrebbe contenere nessun altro “ingrediente comparabile”, e cioè nessun altro ingrediente che possa sostituire completamente o parzialmente l’ingrediente che beneficia di una DOP o IGP;
b) l’ingrediente dovrebbe essere utilizzato in quantità sufficiente per conferire una caratteristica essenziale al prodotto alimentare di cui trattasi;
c)la percentuale d’incorporazione di un ingrediente che beneficia di una DOP o di un’IGP dovrebbe essere indicata in prossimità della denominazione di vendita o quantomeno nell’elenco degli ingredienti.
Al fine di interpretare il secondo punto, secondo la Corte di Giustizia, occorre effettuare una valutazione qualitativa del prodotto finito. A tal riguardo, non si tratta di identificare le caratteristiche essenziali dell'ingrediente protetto da una DOP nel prodotto alimentare, ma di stabilire se il prodotto finito presenti una caratteristica essenziale connessa all'ingrediente DOP. Quella caratteristica sarà spesso l'aroma o il gusto impartiti da quell'ingrediente.
In buona sostanza, dunque, secondo la Corte di Giustizia, quando il nome del prodotto composto indica che esso contiene un ingrediente DOP che è destinato a trasmettere il gusto, il gusto conferito da tale DOP deve costituire la caratteristica essenziale di tale prodotto alimentare. Se il gusto del prodotto composto è più attribuibile ad altri ingredienti in esso contenuti, l'uso della DOP nella denominazione di vendita sarà illegittimo.
Nel caso concreto sottoposto allo suo scrutinio, la Corte di Giustizia ha esplicitamente escluso l'illegittimità. L’utilizzo di una DOP nella denominazione di un prodotto alimentare, nel caso trattato dello Champagner Sorbet, non risulta poter costituire un’usurpazione, un’imitazione o un’evocazione: “Incorporando nella denominazione del prodotto alimentare in esame quella dell’ingrediente che beneficia della DOP, infatti, si effettua un uso diretto di tale DOP al fine di rivendicare apertamente una qualità gustativa connessa a quest’ultima, circostanza che non costituisce né un’usurpazione, né un’imitazione, né un’evocazione.”
Resta da capire come questa sentenza si ponga nei confronti della normativa italiana che, prescindendo dai criteri stabiliti dalla Commissione e ripresi nella sentenza, sanziona il riferimento a prodotti DOP nella denominazione dei prodotti composti, a meno che non vi sia un'esplicita autorizzazione del Consorzio di tutela o, in mancanza, del MIPAAF.
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